LA VERSIONE VERA DELLA "MARCIA SU PISA"

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SOF BANDIT1200
view post Posted on 18/7/2011, 13:38




Dal diario di un Parà, la "marcia su Pisa"


"Poco prima dell’epifania del 1981, con la maggior parte degli ufficiali, sottoufficiali e graduati ancora in licenza si sparse la voce che due allievi del 12-4-80 la sera prima erano stati selvaggiamente picchiati, nei pressi di un famoso e malfamato bar di Pisa. Al pomeriggio il sottotenente P1 della Xª mi confermò l’accaduto dicendomi che a uno dei due allievi avevano dovuto asportare entrambi i testicoli in quanto completamente tumefatti. Alla sera lo stesso sten P1 mi chiese di radunare 7-8 parà fidati, con la massima discrezione, per effettuare, la sera dopo, una spedizione “punitiva” nei confronti dei frequentatori del famigerato bar ( è un dettaglio importante: la spedizione avrebbe dovuto essere mirata). Per quel che mi disse, l’idea della spedizione era nata nel loro gruppetto (P1, P2, F: la triade dei milanesi) di ufficiali di complemento e nessuno degli ufficiali effettivi ne sapeva nulla. Purtroppo i miei fratelli stretti, gli istruttori della Xª, erano tutti in licenza eccettuato il carissimo G che ovviamente avvertii (venendo a sapere con grande meraviglia che già sapeva tutto). Mi diedi molto da fare quel giorno, troppo da fare, e avvertii non meno di 10 parà del 9-3-80, raccomandando (parole al vento) la massima discrezione. Il punto di raduno prestabilito era nella piazzetta antistante Ephos (il fotografo) verso le 20, ovviamente in borghese.

Alle 19 eravamo già qualche centinaio (i giornali poi han detto 400, ma penso fossimo circa la metà) tutti in borghese ma tutti con i cinturoni sotto il giubbotto. A quel punto, vista l’incredibile massa, l’unico ufficiale presente, P2, da tutti riconosciuto come il nostro leader in quel contesto, decise, molto responsabilmente, che la spedizione non poteva più essere effettuata essendoci il rischio di fare un macello. Cominciò quindi a girare “l’ordine” di rompere l’assembramento e tornarsene in caserma, ma era troppo tardi, la miccia era innescata e alcuni di noi decisero di proseguire.

Ancora una volta il tenente P2 dimostrò la sua stoffa e per limitare i danni decise che avremmo sfilato per il corso pacificamente cantando. Ovviamente le sfilate eran roba per morfine e dopo 20 metri eravamo tutti lì a marciare in file compatte perfettamente (ma naturalmente) ordinate tallonando a più non posso e cantando a squarciagola. Il repertorio delle canzoni della folgore finì ben presto e allora, per iniziativa di qualche ignoto si partì con “giovinezza” e altro, ma soprattutto scandendo continuamente il “boia chi molla …” seguito da “Folgore!” che lì nella strettezza del corso tra le case aveva un effetto paurosamente eccitante. Eravamo diretti verso la stazione, e il tallonare all’unisono, assieme al “passo” e al boia chi molla era impressionante (per me, figuriamoci per quei disgraziati dei Pisani che assistevano allibiti). Noi marciavamo e davanti a noi s’era formato un gruppo di giovani Pisani con vespini e motorette che di tanto in tanto ci urlavano “fascisti” e “bastardi” mantenendo un congruo numero di metri dal fronte dello schieramento. Via via che s’andava avanti però, questi minicentauri prendevano coraggio, puntavano il fronte in velocità, frenavano e facevano dietro front. In prima fila, abbastanza centralmente c’eravamo io, P2 ed il carissimo G il quale dei 3 era il più scalmanato. Oltretutto G era l’unico pratico di assembramenti in quanto ultrà del toro di quelli non proprio tranquilli (a sentir lui almeno, ma fino a quel giorno pensavo fossero chiacchere). Tutto procedeva abbastanza civilmente, finchè un Pisano idiota ed incosciente impennò la vespa a non più di una decina di metri. Io guardando l’impennata percepii con la coda dell’occhio la velocissima corsa di G verso il vespino ed un attimo dopo vidi il corpo del Pisano cadere all’indietro ed il vespino rotolare malamente verso di noi con G che urlava forsennatamente vicino al corpo a terra del pisano. Gli altri pisani in motoretta ed anche quelli a piedi fecero quello che non avrebbero dovuto mai fare, cominciarono a correre e a scappare. Le prime file dell’inquadramento (ovviamente le teste più calde tra noi) si ruppero istantaneamente, tutti a correre dietro a qualcuno che scappava. E allora anche li pisani pacifici cominciarono a correre e di conseguenza anche i più pacifici di noi (le terze quarte ,…, file) dietro a loro. Durò forse una decina di minuti (veramente non lo so, persi la cognizione del tempo), decine di civili in fuga furono rincorsi, agguantati, stesi e menati, senza mai infierire, tantevero che a parte lo sfigato della motoretta nessuno finì al pronto soccorso (per quanto si seppe dopo). La caccià proseguì per tutti i vicoli laterali del corso senza troppi danni a parte le insegne di una casa del popolo.

La vespa del pisano finì sul corrimano di un famoso ponte sull’arno, io la vidi, ma non so se poi finì per sempre nell’arno.

Finita la parapiglia, ci ritrovammo nuovamente uniti nel corso, solo che adesso avevamo 4 o 5 macchine dei carabinieri dietro e forse di più ma della PS davanti. Un ufficiale di PS, affiancato da un ufficiale dei CC, con il megafono in mano ci intimarono di tornare in caserma. Noi ci ricompattammo e ricominciammo a marciare felici e tranquilli verso la stazione; le macchine dei PS ci precedevano in retromarcia ed i soliti due ufficiali urlavano stronzate nel megafono sempre più perentoriamente in quanto stavano continuamente arrivando agenti e cc di rinforzo. Ad un certo punto minacciarono una carica, e tutti noi ridemmo che ci sentirono fino a Lucca (noi eravamo qualche centinaio, loro forse 40-50). Cinturoni in mano simulammo noi una carica e bastò solo la mossa per per farli scappare tutti e a zittire i megafoni. Arrivati in stazione con le sirene che urlavano davanti e di dietro, trovammo Ephos il fotografo amico, che preso il megafono dei due ufficiali ci chiese gentilmente di tornare in caserma. Il tenente P2 ordinò il dietro front e tornammo a casa nostra, la SMIPAR, perfettamente inquadrati.

Il giorno dopo fummo tutti consegnati in caserma a tempo indeterminato. I camerati rientravano dalle licenze (invidiosi) portando i ritagli dei quotidiani nazionali che parlavano di noi. Il comandante della SMIPAR ci fece un Cazziottone colossale avvisandoci che stava arrivando da Roma l’ispettore delle armi di Fanteria e Cavalleria, il generale di C.A. Alvaro Rubeo..

Quando arrivo Rubeo adunata generale, un’ora di cazziottone ancora più grande, che concluse con le seguenti parole:
“Ragazzi, se avessi avuto vent’anni, sarei stato con voi. Folgore!”

Ci fù allora il “folgore” spontaneo di tutta la truppa, spontaneamente gli AIP presero Rubeo sulle spalle (insomma gli fecero il seggiolino) e gli fecero fare un giro d’onore. (cose da non credersi!!!!)

La consegna finì, ci furono delle indagini di polizia e alla fine furono presi provvedimenti solo per il carissimo G, (propaganda punitiva per 3 mesi) che era stato l’unico ad essere stato riconosciuto da Z, un infame che stava tra noi.

Nei giorni successivi la giunta comunale chiese il nostro trasferimento altrove. Subito i commercianti di pisa, pizzaioli, osti e ristoratori chiesero al sindaco di ritirare la richiesta e così fu.

Al tenente P2 (riconosciuto successivamente dalle foto) fu rifiutata la domanda di entrare in servizio permanente effettivo. Ancora oggi, con la mente serena e pacata di un adulto, credo che sia stato uno sbaglio non dare la possibilità a P2 di fare carriera nella Folgore, sarebbe potuto diventare un magnifico ufficiale. Quella famosa sera gli sono stato sempre vicino e ritengo che solo grazie a lui, la “marcia su Pisa”, non si sia trasformata in un macello.

Vi chiederete coma mai gli altri due sten, P1 ed F, organizzatori della spedizione siano completamente scomparsi dalla scena. Non pensate male di loro. Hanno svolto un ruolo fondamentale che non vi posso dire, altrimenti cercando tra gli ordini di servizio di quel giorno, ammesso che esistano ancora, sarebbero inequivocabilmente individuabili."


 
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